Olimpiadi di Mosca 1980: la guerra fredda spezzò i cerchi olimpici


Era il 19 luglio 1980 quando si accesero i riflettori sullo stadio Lenin di Mosca per l'apertura dei Giochi della XXII Olimpiade. Una cerimonia grandiosa durata oltre cinque ore, con l'orso Misha che danzava sulle note di Tchaikovsky, ma con un vuoto doloroso nelle tribune: 65 nazioni non c'erano, vittime del più grande boicottaggio della storia olimpica moderna.


Il 24 dicembre 1979 l'Unione Sovietica aveva invaso l'Afghanistan per sostenere il nuovo governo socialista. Era l'inizio di quello che sarebbe stato il "Vietnam sovietico", una guerra logorante che si sarebbe protratta fino al 1989. Ma per il momento, l'invasione scatenò la furia del presidente americano Jimmy Carter che, già in difficoltà per la crisi degli ostaggi in Iran, vedeva nell'Afghanistan l'occasione per una risposta dura contro Mosca.

Il 20 gennaio 1980 Carter lanciò l'ultimatum: se i sovietici non si fossero ritirati dall'Afghanistan entro il mese di febbraio, gli Stati Uniti avrebbero boicottato le Olimpiadi di Mosca. Il 21 marzo, visto che le truppe dell'Armata Rossa erano ancora a Kabul, l'annuncio divenne ufficiale: "I nostri atleti non andranno", dichiarò Carter alla Casa Bianca. "Lo dico in maniera inequivocabile: la decisione è stata presa".

Il boicottaggio americano trascinò con sé 64 paesi. Canada, Germania Ovest, Giappone, Cina, Norvegia e persino il blocco delle nazioni arabe seguirono l'esempio statunitense. Solo 80 nazioni presero parte ai Giochi, il numero più basso dal 1956. Per convincere anche i paesi africani, gli Stati Uniti inviarono addirittura Muhammad Ali come ambasciatore speciale, ma riuscì a convincere solo il Kenya.

L'Italia scelse una via di mezzo: partecipare, ma non ufficialmente. Gli atleti azzurri sfilarono sotto la bandiera del CONI e quando vincevano veniva suonato l'inno olimpico invece di quello italiano. Fu vietata la partecipazione agli atleti militari, penalizzando molti campioni negli sport individuali. Durante la cerimonia di apertura la delegazione italiana, con la scritta "CONI" traslitterata in cirillico, scatenò l'ilarità del pubblico russo: in russo "coni" significa "cavalli".

Nonostante il boicottaggio, i Giochi di Mosca regalarono momenti indimenticabili. Pietro Mennea conquistò l'oro nei 200 metri con una rimonta leggendaria: settimo all'uscita di curva, superò tutti negli ultimi metri battendo il britannico Allan Wells per soli due centesimi. Sara Simeoni trionfò nel salto in alto, mentre il ginnasta sovietico Aleksandr Dityatin entrò nella storia vincendo otto medaglie, la prima volta nella storia olimpica.

La mascotte Misha, l'orsetto disegnato da Victor Chizhikov, divenne un fenomeno mondiale. Durante la cerimonia di chiusura, una versione gigante di Misha salutò il pubblico con le lacrime agli occhi prima di volare via con i palloncini, in una delle immagini più commoventi della storia olimpica.

Alla cerimonia di chiusura, quando normalmente si issa la bandiera del paese che ospiterà le prossime Olimpiadi, al posto di quella americana fu esposta quella di Los Angeles, presagio di quello che sarebbe accaduto nel 1984 quando l'Unione Sovietica e 13 paesi alleati avrebbero restituito il boicottaggio agli americani.

Quello che non tutti sanno Le Olimpiadi di Mosca 1980 furono le prime a essere trasmesse a colori in Unione Sovietica e i sovietici crearono appositamente per l'evento un sistema di trasmissione satellitare che collegava 31 paesi attraverso Eurovision e 11 attraverso Intervision. La cerimonia di apertura iniziò esattamente alle 16:00 ora di Mosca del 19 luglio con i tradizionali rintocchi dell'orologio del Cremlino, e lo spettacolo fu coordinato da Yosiph Tumanov, famoso coreografo del Teatro Bolshoi. Per l'occasione furono emesse monete commemorative: cinque di platino, sei d'oro, 28 d'argento e sei di bronze. Durante i Giochi, Mosca fu completamente chiusa ai non residenti per motivi di sicurezza, e i moscoviti ricordarono con nostalgia quelle due settimane per l'insolita abbondanza di merci nei negozi, una rarità nell'Unione Sovietica di quegli anni.