Era il 1° marzo 1983 quando a Zurigo si verificò una piccola rivoluzione che avrebbe cambiato per sempre il modo di concepire il tempo. Non solo quello che scorre, ma soprattutto quello vissuto, indossato, espresso. Quel giorno nacque ufficialmente lo Swatch, un oggetto che trasformò l'orologio da strumento di precisione a manifesto di personalità, da accessorio di lusso a dichiarazione democratica di stile.
L'uomo dietro questa intuizione geniale era Nicolas George Hayek, imprenditore svizzero di origini libanesi che si trovava di fronte a una sfida apparentemente impossibile: salvare l'industria orologiera elvetica dall'invasione giapponese. Gli anni '70 erano stati devastanti per la Svizzera: la quota di mercato mondiale era crollata al 15%, migliaia di posti di lavoro erano scomparsi e l'orologio al quarzo, paradossalmente inventato proprio dagli svizzeri, era diventato l'arma con cui i giapponesi stavano conquistando il mondo.
La prima collezione comprendeva 12 modelli, con prezzi compresi tra 39,90 e 49,90 franchi svizzeri, standardizzati poi a 50 franchi nell'autunno del 1983. Il nome "Swatch" non significava solo "Swiss Watch" come molti credevano, ma secondo Hayek derivava da "Second Watch", il secondo orologio, quello da cambiare a seconda dell'umore, dell'outfit, della stagione.
La rivoluzione era nella semplicità: dove gli orologi tradizionali utilizzavano 91 componenti, lo Swatch ne aveva solo 51. Assemblaggio completamente automatizzato, costi di produzione ridotti dell'80%, impermeabilità garantita e, soprattutto, un design che strizzava l'occhio alla Pop Art più che alla tradizione orologiera. Il primo modello iconico fu l'"Original Jelly Fish": quadrante trasparente che mostrava gli ingranaggi, lancette rosse per le ore, blu per i minuti, gialle per i secondi.
L'obiettivo sembrava folle: vendere 1 milione di orologi nel 1983 e 2,5 milioni l'anno successivo. Ma la magia si compì: già nel primo anno l'obiettivo fu raggiunto, nel 1984 si arrivò a 3 milioni, nel 1988 a 50 milioni di pezzi. Nel 1992, dopo dieci anni, si toccò quota 100 milioni, per arrivare a 200 milioni nel 1996.
Il segreto non stava solo nella tecnologia, ma nella comunicazione. Hayek trasformò l'orologio in un mezzo di espressione personale, un "pezzo parlante" che permetteva a chi lo indossava di mostrare chi era e come si sentiva. Era l'epoca in cui divenne di moda portare due Swatch contemporaneamente o usarli per legarsi i capelli a coda di cavallo. I modelli Pop Swatch potevano essere attaccati direttamente ai vestiti, trasformando l'orologio in un accessorio multifunzionale.
Gli anni '80 furono il decennio d'oro degli Swatch negli Stati Uniti, con l'apertura di negozi monomarca in luoghi iconici come Times Square e gli Champs Élysées, ma anche punti vendita più piccoli in stazioni e aeroporti. Era l'epoca di Swatch e Walkman, skateboard e videogiochi, quando la cultura protocollare lasciava spazio a una declinazione disinvolta e sbarazzina della vita.
La svolta artistica arrivò quando Hayek ebbe l'idea di coinvolgere artisti famosi. Keith Haring creò i suoi graffiti colorati sui quadranti, seguirono Jean-Michel Folon, Sam Francis, Pierre Alechinsky, Mimmo Paladino, Christian Chapiron con il suo "Kiki Picasso" del 1984. Lo Swatch smetteva di essere solo un accessorio per giovani e diventava arte da indossare.
Negli anni '90 la gamma si diversificò: nacquero le serie Irony con il corpo in metallo, le Scuba per i subacquei, le ultrasottili Skin (1990) con soli 3,9 mm di spessore, i Chrono per chi amava la precisione sportiva. Nel 1987 arrivò Flik Flak, il primo orologio che trasformò l'apprendimento dell'ora in un gioco per bambini.
La società Swatch divenne cronometrista ufficiale delle Olimpiadi di Atlanta 1996, Sydney 2000 e Atene 2004. Nel frattempo nasceva lo Swatch Group (1998), che oggi è la più grande azienda di orologeria al mondo, con marchi come Omega, Longines, Tissot, Breguet, Blancpain.
Gli anni 2000 portarono nuove collaborazioni: Spike Lee, Akira Kurosawa, Renzo Piano, fino al cantante Mika nel 2013 con i modelli "Kukulakuku" e "Kukulakuki". Nel 2015 nacque persino una colonna sonora ufficiale: "60 BPM - The Sound Of Swatch" di Chiara Luzzana, realizzata solo con i suoni di oltre 2.400 orologi.
La consacrazione definitiva arrivò nel 2022 con la collaborazione Omega-Swatch per i "MoonSwatch", cronografi in bioceramica ispirati al famoso Speedmaster che andò sulla Luna. Undici modelli dedicati ai pianeti del sistema solare più Sole e Luna, che scatenarono file chilometriche davanti ai negozi, proprio come negli anni '80.
Quello che non tutti sanno
Il prototipo originale dello Swatch si chiamava "Popularius" e nacque dalla mente degli ingegneri svizzeri Elmar Mock e Jacques Müller, che lavoravano per ETA. Il primo test commerciale fallì: gli "Swiss watches" destinati al mercato americano uscirono nel novembre 1982 ma non sfondarono. Solo 25 orologi componevano l'intera prima produzione svizzera del marzo 1983. Nicolas Hayek chiese a due delle banche finanziatrici di raggiungere il pareggio solo dopo aver venduto 2 milioni di pezzi, una cifra che all'epoca sembrava impossibile ma fu raggiunta in poco più di un anno. Il MOMA di New York acquisì tre Swatch per la sua collezione permanente: GB100 (1983), Jelly Fish (1985) e Jelly Skin (1998). Infine, negli anni '80 esisteva anche il modello "BeepUP" con cercapersone integrato, che includeva un display LCD e operava su frequenza VHF, anticipando di decenni gli smartwatch di oggi.