BMX: una vera e propria rivoluzione su due ruote


C'era una volta un'epoca in cui l'avventura iniziava con una pedalata. Manubrio alto, telaio rinforzato, ruote larghe da 20 pollici e copertoni a volte blu o rossi: le BMX erano molto più di una semplice bicicletta. Erano il passaporto verso un mondo dove la libertà si misurava in salti, dove l'estate significava rischio e dove ogni ragazzino poteva sentirsi l'eroe del proprio film d'avventura.


La sigla BMX sta per "Bicycle Motocross" e nasceva dall'idea di imitare il motocross con mezzi più accessibili. Era il 1968 quando in California alcuni bambini iniziarono a correre con le loro biciclette su tracciati sterrati, cercando di emulare i loro eroi del motocross. Quello che partì come un gioco di quartiere si trasformò rapidamente in un fenomeno che avrebbe conquistato il mondo intero.

Le BMX erano biciclette piccole e robustissime, progettate per resistere a buche, dossi e atterraggi violenti. Imbottiture sulla sbarra del manubrio e sulla canna del telaio, monomarcia per semplicità e affidabilità, senza parafanghi né cambio, rigorosamente senza ammortizzazioni. L'essenza era nella purezza: solo tu, la tua bici e la voglia di spingerti oltre i limiti.

L'elemento rivoluzionario stava nella filosofia stessa del mezzo: erano perfette per "lasciare la strada vecchia e procedere in percorsi mai battuti prima", per "andare dove nessuno è già stato". Era l'invito metaforico a sperimentare la libertà, ad abbandonare le strade segnate, a scartare i tragitti ereditati dagli adulti.

Le BMX arrivarono in Italia alla fine degli anni '70, dopo aver dilagato in California, ma il vero boom esplose nell'estate del 1983. La causa? Un film che aveva commosso il mondo intero: E.T. l'Extra-Terrestre di Steven Spielberg. Quando Elliot e la sua banda di amici scapparono pedalando sulle loro BMX, inseguiti dalle auto della polizia, e improvvisamente presero il volo, milioni di ragazzini in tutto il mondo capirono che quelle non erano semplici biciclette, ma macchine per volare.

Il 1981 segnò la nascita ufficiale dello sport con la fondazione della International BMX Federation, che l'anno successivo organizzò i primi campionati continentali e mondiali. In Italia, il giornalista sportivo Aldo Gandolfo, insieme al collega Giuseppe De Tommaso, costituì nel dicembre 1981 l'Associazione italiana BMX (A.I.BMX), diventandone il primo presidente.

La prima competizione nazionale ufficiale si svolse nel giugno 1983 a Forlì, seguita nel maggio 1984 dalla prima gara internazionale a Pinerolo. Era l'epoca in cui la specialità viveva il suo periodo di massima diffusione, sostenuta dalla notevole spinta pubblicitaria dei produttori di biciclette che avevano intuito il potenziale del fenomeno.

Hollywood contribuì enormemente alla mitologia delle BMX. Dopo E.T. arrivarono "La banda della BMX" (1983), un film australiano con una giovanissima Nicole Kidman sedicenne, e soprattutto "I Goonies" (1985), altro capolavoro firmato da Spielberg come produttore. Anche loro correvano su BMX, anche loro vivevano avventure sinistre e affascinanti in cui la vita ripetitiva della provincia si apriva in squarci spaventosi.

Nel giugno 1985 persino il settimanale Topolino dedicò la copertina alle BMX, ritraendo un papero con casco e guanti per lanciare la storia "Qui, Quo, Qua e le gioie del BMX". Era il segno che il fenomeno aveva conquistato definitivamente l'immaginario collettivo.

Le BMX incarnavano alla perfezione il desiderio di avventura, di scoperta e di sfida tipico dell'adolescenza. Per guidarle serviva "destrezza, equilibrio, coraggio, concentrazione, agilità e una dose di fiducia cieca: a furia di pedalare e di credere nell'impossibile capita effettivamente di decollare". Sul più bello bisognava alzarsi in piedi sui pedali e prendere ulteriore velocità, mai voltarsi indietro, andare addosso al futuro, saltare nel buio.

Con gli anni si svilupparono diverse discipline freestyle dove non contava la velocità ma le evoluzioni: il "Park" per compiere acrobazie su half-pipe e quarter-pipe, lo "Street" per sfruttare elementi del paesaggio urbano come panchine e corrimano, il "Vert" per acrobazie su rampe alte fino a 10 metri. Nacquero i "peg", tubi di ferro massiccio da fissare ai lati delle ruote per "grindare" e fare acrobazie.

Negli anni '80 divenne di moda portare due BMX o usarle per legarsi i capelli a coda di cavallo. Alcuni modelli Pop Swatch potevano essere attaccati direttamente ai vestiti, trasformando la bici in un accessorio multifunzionale. Era l'epoca dei negozi specializzati e delle riviste dedicate, quando le BMX erano protagoniste di una vera cultura giovanile.

La consacrazione olimpica arrivò solo nel 2008 a Pechino, quando la BMX divenne disciplina ufficiale dei Giochi. Ma per chi ha vissuto gli anni '80, le BMX resteranno sempre qualcosa di più di uno sport: erano il simbolo di un'epoca in cui l'estate significava avventura, rischio e la certezza che, con abbastanza coraggio, si poteva davvero imparare a volare.

Quello che non tutti sanno
Il BMX nacque nel 1968 quando alcuni bambini californiani iniziarono a imitare i piloti di motocross con le loro biciclette, creando percorsi sterrati nei campi vuoti. I pionieri come Bob Haro e Scot Alexander Breithaupt contribuirono a trasformare quello che era un gioco di quartiere in uno sport internazionale. Le biciclette BMX hanno ruote da 20 pollici standard, ma esiste anche la variante "Cruiser" con ruote da 24 pollici per corridori più alti. I tracciati di gara sono lunghi dai 300 ai 400 metri con tempi di percorrenza tra i 35 e i 50 secondi, caratterizzati da dossi, curve paraboliche e ostacoli simili ai tracciati da motocross. Durante le competizioni è obbligatorio l'uso di casco integrale, guanti, tuta dotata di protezioni e imbottiture sul telaio della bicicletta. Infine, la serie TV "Stranger Things" ha reso omaggio al genere cinematografico "kids on bikes" riproponendo alle nuove generazioni una banda di ragazzini spericolati sulle loro BMX, proprio come negli anni '80 con E.T. e I Goonies.